venerdì 30 settembre 2011

Red Orchestra 2: Heroes of Stalingrad


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Data di uscita: 14 settembre 2011
Red Orchestra 2: Heroes of Stalingrad è un Sparatutto
Sviluppato da Tripwire Interactive
Pubblicato da Tripwire Interactive
Distribuito da Steam
Disponibile solo per: Pc


Quando una manciata di anni or sono si è festeggiato l'addio all'abuso della Seconda Guerra Mondiale come setting per gli sparatutto in prima persona, un ritorno a quel tipo di esperienza era augurabile solo attraverso una formula come quella proposta oggi da Red Orchestra 2: Heroes of Stalingrad. Se le esperienze più arcade - con tutte le infinite sfumature che questa categoria incorpora - si adattano perfettamente al contesto moderno o futuribile tanto in voga da qualche tempo a questa parte, il ricorso a un'ambientazione storica sembra infatti diventare tanto più godibile quando alla fedeltà nel riprodurre ambienti, armi e protagonisti si affianca anche un certo livello di simulazione in termini di giocabilità, fisica, sistemi e così via.Nel caso dello sparatutto di Tripwire Interactive il livello di attesa è salito velocemente alle stelle e non è difficile comprenderne le motivazioni. Si tratta del seguito stand alone di una mod di enorme successo, prodotto in maniera indipendente e con in testa le esigenze di un certo tipo di pubblico. Oltre che le peculiarità della piattaforma da gioco PC. Dopo anni di sviluppo, con un'espansione già annunciata e alle spalle una beta forse non sufficientemente lunga, quello uscito quindici giorni or sono è un titolo interessantissimo, esaltante quando funziona ma anche grezzo e in via di perfezionamento: ne abbiamo parlato lungamente in un recente provato e torniamo a farlo adesso, dopo aver pazientato qualche patch correttiva, per tirare le somme su quanto acquistabile su Steam e altri sistemi di digital delivery alla (modica) cifra di 34.90 euro.

Immersione

Le fondamenta su cui Red Orchestra 2: Heroes of Stalingrad poggia moltissimo del suo fascino risiedono negli aspetti simulativi messi in campo sia dalla versione pesantemente modificata dell'Unreal Engine 3 usata, sia dalle meccaniche implementate. E poche volte come in questo caso i due fronti, quello tecnico e il gameplay, finiscono per fondersi e lavorare all'unisono. Le coperture, una delle peculiarità più riconoscibili del motore firmato Epic Games, sono ad esempio state implementate lasciando che la visuale resti in prima persona in ogni istante, abbandonando soluzioni miste come quella di Rainbow Six Vegas. Allo stesso tempo il fuoco "alla cieca" è reso in maniera verosimile, con la telecamera che resta bassa e non permette di vedere oltre l'ostacolo. E le armi si avvantaggiano della possibilità di appoggio offerta dai ripari, con in particolare quelle dotate di cavalletto che aumentano esponenzialmente di efficacia.La fisica dei proiettili, il grado di penetrabilità delle superfici e l'interazione ambientale sono importanti dettagli tenuti in considerazione: ogni materiale viene attraversato differentemente da colpi sparati in accordo con i valori reali di ciascuna arma riprodotta, mentre la forza di gravità può essere controbilanciata sia alzando la mira che aggiustando l'impugnatura dell'arma. Possibilità come quest'ultima o altre, come l'iron sight disponibile anche per i fucili di precisione o quella di estrarre e cambiare la canna incandescente dei mitragliatori, sono finezze che aumentano il grado di immedesimazione facendosi apprezzare soprattutto quando considerate nel loro insieme. Delude un po' solo la distruttibilità dello scenario che, piuttosto pubblicizzata in fase di sviluppo, si applica a pochi elementi e non sempre in maniera coerente. Un peccato anche perché a potersene avvantaggiare sarebbero potuti essere gli unici mezzi inseriti: due carri armati, uno per l'Asse e uno per i russi, che permettono agli equipaggi di simulare con efficacia i ruoli e le difficoltà di mira e spostamento che bestioni del genere implicano. Tante modifiche alla resa standard dell'Unreal Engine 3 - si tratta di uno dei prodotti che lo rimaneggia più pesantemente senza uscire dal seminato degli FPS - hanno per il momento come contraltare altrettanti problemi di ottimizzazione che vanno da pesanti cali di frame rate a interazioni sbagliate tra i poligoni ad alcuni problemi di visualizzazione delle superfici. Il team di sviluppo, comunque, sta lavorando bene per risolvere questi problemi e altri, di cui parleremo nei paragrafi seguenti, tanto che ad esempio sulla configurazione di prova utilizzata per la recensione abbiamo ottenuto miglioramenti in termini di fluidità piuttosto consistenti. Molto lavoro resta da fare e in generale, a una notevole cura per ambienti, armi ed effetti come quelli di fumo, si oppongono shader poco esaltanti, modelli altalenanti e una resa grafica che nel complesso non è da primo della classe. Poco male, sia chiaro, la componente visiva resta godibile e funzionale, tanto più che al momento la priorità è quella di risolvere le magagne che si ripercuotono sul gameplay. Il sonoro ha voci così così e un solo tema musicale, comunque piuttosto buono, ma sono gli effetti e l'uso che ne viene fatto a essere davvero validi e d'atmosfera. Certo la cura riposta da DICE sotto questo aspetto con Battlefield 3 resta difficilmente raggiungibile, ma ci si può reputare soddisfatti.

Hot shots!

Che non si tratti di un titolo da acquistare per la sua componente single player è chiaro a chiunque abbia seguito la genesi del progetto anche solo distrattamente.

La scelta di introdurre ugualmente una modalità per il giocatore singolo però, era sensata soprattutto in virtù della complessità del gameplay, dei comandi estesi a un notevole numero di tasti, della necessità di impratichirsi con le dieci mappe presenti all'uscita e in generale delle sfide offerte da un titolo così articolato. Peccato quindi che alla lodevole volontà di dare un assist alle nuove leve, non corrisponda una realizzazione altrettanto degna di nota. Le due campagne sono una sorta di multiplayer con i bot dove attaccare e difendere in accordo con l'obiettivo, rinascere in caso di morte al posto dei compagni e imparare a padroneggiare strumenti come il menù radiale degli ordini.

Tutto bello se non fosse che, a parte le sessioni più scriptate fatte a mo' di tutorial, il resto sia una sequela di situazioni tragicamente minate da un'intelligenza artificiale fantozziana. I nemici si comportano in modo sconclusionato e i compagni pure, dimenticandosi del tutto, tanto per dirne una, delle granate fumogene. E questo quando non sono intenti a muoversi in modo bizzarro, saltando da un riparo all'altro o dando vita a buffe mischie con gli avversari. Dare i comandi giusti aiuta fino a un certo punto e anzi è frustrante non vedere il corretto riscontro ai propri sforzi. Ripetiamo: si tratta di una componente accessoria che però, una volta messa in cantiere sarebbe potuta essere più breve, curata, didattica e con tempi e costi di sviluppo non riversati su aspetti secondari come i moltissimi filmati di intermezzo. Così com'è, ha tanto il sapore di un'occasione sprecata a cui dedicarsi solo quando alla ricerca di un po' di confidenza con le armi.

E' qui la festa

L'ambito in cui Red Orchestra 2: Heroes of Stalingrad eccelle, l'unico per cui è stato realizzato davvero e quello che ne giustifica l'acquisto, è il multiplayer per un massimo di sessantaquattro giocatori. Le tre modalità sono la classica Territory, che chiede di attaccare e difendere dei punti sulla mappa, Countdown, che è simile ma con una vita per ciascun giocatore, e infine il team deathmatch. Abbastanza da mettere in scena battaglie combattute che, anche grazie al design delle ambientazioni, favoriscono in maniera schiacciante il gioco di squadra. Mai così profondo e improntato alla cooperazione oltre che al rispetto di ruoli e posizioni. Si ottiene in questo modo un ritmo più lento che altrove ma un senso di immedesimazione fortissimo, suggerito anche dalla presenza del Suppression System. Questo altera visuale e suoni se si viene sfiorati da proiettili ed esplosioni ma anche quando un compagno cade a terra esanime nelle nostre vicinanze. Giusta la scelta di limitare il numero di giocatori per ciascuna classe e graditissime le opzioni che di server in server alterano le impostazioni per il realismo, influendo ad esempio sulla mini mappa e le eventuali scritte di riconoscimento sopra la testa dei compagni. Il supporto dato da Tripwire Interactive alla community dei modder si poggia quindi su una base già più che solida e non vediamo l'ora di vedere cosa tireranno fuori gli appassionati da premesse tanto interessanti. Per ora le dieci mappe disponibili, comunque, offrono un terreno di gioco sufficientemente vario: non tutte sono ugualmente ispirate e sono mediamente piuttosto piccole suggerendo di non eccedere nel numero di utenti per ciascun team, però abbiamo apprezzato l'alternanza di spazi aperti e angusti, combattimenti tra i corridoi e le stanze di palazzi distrutti e lunghi appostamenti sdraiati a terra, muovendosi allo scoperto cercando di non farsi impallinare. A non funzionare a dovere, oltre al sistema di progressione e agli obiettivi che hanno dato non pochi problemi a chi scrive, è il bilanciamento di alcune armi. In particolare di quelle tedesche che sono considerate generalmente più potenti delle controparti russe. Equilibri quasi sempre imperfetti alle prime uscite dei titoli multiplayer più ambiziosi, per un aspetto che sarà registrato nel tempo a seconda di quanto emerso da migliaia e migliaia di partite online.

Video-Clip-icon

Red Orchestra 2: Heroes of Stalingrad - Trailer di lancio

PRO :-)

Molti aspetti distintivi
Ottimo multiplayer competitivo di squadra
Componente simulativa ben studiata
Prospettive di modding e specifiche da gioco PC "vecchia scuola"

CONTRO :-(

Il tutorial in single player è reso quasi inutile dall'IA tragicomica
Necessità di tanto lavoro in fase di ottimizzazione, bilanciamento e risoluzione dei bug

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